Appuntamenti

  • 11 Luglio Solennità di S. Benedetto Abate Patrono d’Europa
    ore 18,30 Concelebrazione Eucaristica
  • Ultima domenica di Agosto
    pellegrinaggio a piedi dal Santuario S. Sperandia alle grotte dove  ha trascorso dei periodi di penitenza: ore 4 del mattino
  • Fine agosto – 11 settembre festeggiamenti in onore di S. Sperandia

L’Ordine di San Benedetto (in latino Ordo Sancti Benedicti) è una confederazione che riunisce congregazioni monastiche e monasteri autonomi che perpetuano l’ideale religioso del monachesimo benedettino in conformità con la regola e lo spirito di S. Benedetto, i monaci benedettini pospongono al loro nome la sigla O.S.B.

Le origini del monachesimo benedettino risalgono alla fondazione, attorno al 529, del cenobio di Montecassino a opera di San Benedetto da Norcia. 

La regola redatta da Benedetto per la sua comunità si diffuse rapidamente anche grazie al sostegno di Papa Gregorio Magno e venne adottata, spesso accanto ad altre, da numerosi monasteri europei: si affermò definitivamente nell’817, quando il capitolare monastico di Aquisgrana, di cui fu ispiratore Benedetto di Aniane, la impose  a tutti i monasteri franco-germanici.

Lo spirito del monachesimo benedettino è sintetizzato dal motto “Ora et Labora”: oltre che alla vita contemplativa, infatti, viene data grande importanza al lavoro manuale.

I monasteri benedettini, tutti autonomi, iniziarono a riunirsi in congregazioni nel X secolo. Nel 1893 Papa Leone XIII ha riunito le congregazioni e i monasteri  benedettini in una confederazione sotto la presidenza di un Abate Primate residente nel monastero di Sant’Anselmo all’Aventino a Roma.

benedetto2

BENEDETTO nacque a Norcia verso il 480 e morì a Montecassino verso il 547. La sua vita è raccontata da Gregorio Magno nel II libro dei DIALOGHI. Nacque da una famiglia agiata e andò a Roma per gli studi. Li abbandonò, disgustato dal clima di decadenza morale e si ritirò in solitudine in una grotta presso Subiaco dove visse come eremita. Lì vicino c’erano dei monaci. Uno di essi, Romano, lo trova ed intuisce il suo progetto. Gli dà l’abito monastico e gli viene in aiuto recandogli di nascosto del cibo. La fama di S. Benedetto si diffuse e venne chiamato a guidare la comunità di monaci di San Cosimano a Vicovaro ma l’esperienza fu negativa: ben presto i monaci, preoccupati per l’eccessiva austerità e disciplina di Benedetto, tentarono di avvelenarlo. Il patriarca si ritirò di nuovo a Subiaco.

Dopo questa esperienza, egli intraprese una nuova forma di vita monastica: organizzò un gruppo di monaci suddiviso in dodici comunità di dodici monaci. Ciascuna comunità aveva un proprio superiore mentre Benedetto conserva la direzione generale. L’invidia di un prete costringe Benedetto ad abbandonare quei luoghi con un gruppo di discepoli: fra di essi Mauro e Placido. Benedetto si diresse verso Cassino, sulla cui altura fondò, nel 529, il monastero di Montecassino destinato a diventare il più celebre in Italia. Lì scrisse la sua Regola e lì morì il 21 marzo probabilmente intorno al 547. (Secondo la tradizione 40 giorni dopo la scomparsa di sua sorella Scolastica).

REGOLA- Pervaso dalla parola ispirata della Scrittura, nutrito della dottrina dei Padri e di tutta la precedente letteratura monastica, forte della sua stessa esperienza personale, S. Benedetto la scrisse nella pienezza della sua maturità spirituale. Non la redasse di getto, ma tutto l’insieme costituisce un compatto organismo di dottrina e di istituzioni, che giova a spiegare la sua solidità ed efficacia per tutti questi secoli. La dottrina spirituale è tratta dalla S. Scrittura, soprattutto dai Salmi, dai Libri sapienziali, dai Vangeli e da S. Paolo. Il monastero ha il carattere di una famiglia salda, fortificato dal voto di stabilità. Padre, maestro e capo ne è l’abate, da cui dipendono anche tutti i monaci addetti ai vari uffici; ma l’abate stesso è sottoposto alla Regola.  Nel monastero, definito “casa di Dio” (31,19), tutto deve procedere in ordine: ognuno ha il suo posto ben determinato, ogni cosa deve farsi a suo tempo e luogo, perché “nessuno in tale casa si turbi o si rattristi” e “ tutte le membra siano nella pace” (33,5).

La vita comunitaria si svolge in un sapiente alternarsi di preghiera, liturgica e privata, e di lavoro della mente e delle mani. E’ il programma sintetizzato nel motto “Ora et labora”. Tutto l’ordinamento disposto dalla Regola, com’è ovvio, mira ad avviare i monaci ad un cammino di santità. Nella vita di fede e di umiltà, essi riconoscono nell’abate colui che fa le veci di Cristo. Da ciò la fondamentale e gioiosa obbedienza. Alla sequela di Cristo, essi si liberano da ogni preoccupazione di beni terreni con la povertà e si consacrano totalmente all’amore divino con la castità, mentre nella comunione di vita con i fratelli trovano le occasioni di far fiorire la carità.

Se l’abate condanna e corregge il difetto e il disordine severamente, da’altra parte sa compatire le debolezze dello spirito e le infermità fisiche; incita alle ascensioni delle virtù ma considera anche la fragilità della natura. “Niente anteporre all’amore di Cristo” (4,21).

La Regola, che il Legislatore chiama “per principianti”, (73,8) ha generato folte schiere di santi e beati fino ai nostri giorni: Agostino d’Inghilterra, Beda, Bonifacio, Gregorio VII, Pier Damiani, Anselmo, Bernardo, Gertrude, Matilde, Ildegarde, ecc., e  ora Placido Riccardi, Fortunata Viti, e i cardinali Dusmet e Schuster.