Appuntamenti

  • 11 Luglio Solennità di S. Benedetto Abate Patrono d’Europa
    ore 18,30 Concelebrazione Eucaristica
  • Ultima domenica di Agosto
    pellegrinaggio a piedi dal Santuario S. Sperandia alle grotte dove  ha trascorso dei periodi di penitenza: ore 4 del mattino
  • Fine agosto – 11 settembre festeggiamenti in onore di S. Sperandia

S’ignorano le origini precise del monastero, il quale entra nella storia per opera di S. Sperandia (1216-1276), originaria di Gubbio e a Cingoli santificatasi nel monastero che ne prese il nome, e ivi venerata come compatrona della città.

Esso si è venuto formando nel corso dei secoli, intorno ad un primo impianto monastico benedettino, già esistente nel luogo sotto il titolo di S. Michele Arcangelo (qualcuno lo fa risalire intorno all’anno 1030/50). Il primo impulso lo ebbe probabilmente proprio dalla Santa, che al termine di una vita di peregrinazioni e di penitenza vi si ritirò, dando luogo, con l’incarico di Abbadessa, a una fiorente comunità religiosa sorta dall’unione delle monache di S. Michele con quelle del vicino monastero di S. Marco fuori porta Mentana.

Dopo un periodo travagliato alla metà del 1300 per difficoltà intestine e sociali, il monastero ebbe un corso felice fino ala termine del sec. XVIII. Le date significative sono tutte collegate al culto di S. Sperandia: celebrazioni centenarie della nascita e morte, consacrazione della chiesa (1560), ricognizione del corpo.

monasteroDocumenti del 1573 testimoniano che il monastero seguiva l’osservanza camaldolese, e negli anni successivi quella Cassinese. A seguito delle disposizioni tridentine, le monache si assoggettarono alle costituzioni sinodali per le religiose (dicembre 1596). Il 3 marzo 1761 furono concessi Ufficio e Messa propri per la festa di S. Sperandia al monastero e alla diocesi di Cingoli. Il 4 giugno 1923 fu permesso al monastero di adottare le costituzioni delle benedettine di Fano e nel 1969 esso è entrato a far parte della Federazione delle Benedettine Italia. Oggi il monastero fa parte della Federazione Picena delle Monache Benedettine.

Il bel complesso monumentale risale alla metà del sec. XVIII. Gli ultimi restauri, eseguiti in occasione del VII centenario della morte di S. Sperandia, (il cui corpo si conserva incorrotto nel nostro Santuario) hanno portato all’apertura al pubblico della camera della Santa, trasformata in oratorio sacro.

La consistenza numerica della comunità è stata sempre rilevante: nel 1734 essa era composta da quarantasette membri, diminuiti a trentasei nel 1853 e su questo numero si mantenne costante.

La nostra famiglia, lungo i secoli, ha annoverato monache illustri per origine (le due Abbadesse Anna Sperandia e Serafina Castiglioni, zie del Papa Pio VIII) e per santità (M. Luisa Blasi, Ildegarde Paesani).

Il periodo più difficile fu quello che seguì alla soppressione piemontese. Pur non chiuso mai completamente, il monastero si ridusse agli estremi e corse il pericolo di estinzione, se non fosse stato ripopolato, nel 1898, dalle benedettine di Osimo che in numero di ventidue passarono a S. Sperandia dietro interessamento di Mons. G.B. Scotti. Nel 1933 anche le quattro monache cistercensi di S. Caterina si aggregarono a S. Sperandia. 

La comunità tuttavia, al presente, sebbene ridotta di numero, ha tutte le premesse per rinverdire le gloriose esperienze del passato. Il monastero si è aperto pienamente al recente rinnovamento conciliare e si è inserito profondamente nell’ambito spirituale e sociale della città. Il santuario di S. Sperandia, frequentato da tanti pellegrini, offre alle monache, la possibilità di esplicare un rilevante lavoro di animazione religiosa.

Il complesso edilizio, rinnovato, accogliente e luminoso, accoglie le giovani in ricerca della propria vocazione, per ritiro ed esperienze. Pur non avendo una foresteria (in via di ristrutturazione) per ospitare gruppi numerosi, accogliamo gruppi che vogliono trascorrere qualche ora con la comunità per uno scambio di esperienze; scolaresche, gruppi che si preparano alla cresima, ecc.

La vita interna è scandita dalla regola di S. Benedetto: l’orazione, il lavoro, la lectio dividono la giornata monastica. La preghiera è mezzo efficace di testimonianza e d’impegno. Per il monaco la liturgia è la via per andare a Dio. Questa è la ragione per cui S. Benedetto disse che “niente deve essere anteposto all’Opera di Dio” (opus Dei: RB 43,3). Centro della Liturgia è la celebrazione eucaristica, il memoriale del sacrificio di Cristo. Da questo grande centro dell’Eucaristia, la liturgia si irradia per santificare ogni momento della giornata attraverso le ore canoniche dell’ufficio divino, il sacrificio di lode della Chiesa.  Altro momento della giornata è riservato alla “lectio divina” in cui si approfondisce la conoscenza della S. Scrittura, dei Padri e dei Documenti della Chiesa. S. Benedetto le accorda una particolare attenzione nello stabilire l’orario dei monaci. “Lectiones sanctas libenter audire” (RB 4,55).